Il marrone, antico frutto dell'Appennino modenese, è un alimento del tutto naturale, sano e di alto valore nutritivo. Viene ora identificato nelle sue due principali aree di produzione: Appennino Modena Est e Frignano.
I marroni, antico frutto dell'Appennino modenese, sono ben diversi dalle più comuni castagne.
In primo luogo, il marrone si distingue per il gusto: più dolce e profumato, racchiude ed esalta gli aromi e i sapori del bosco.
Inoltre il marrone ha una pezzatura maggiore della castagna, tanto è vero che un riccio racchiude al massimo 2 o 3 frutti.
Ultima delle sue qualità, il marrone è protetto da una buccia bruna e da una sottile pellicina che possono essere asportate con estrema facilità, operazione quasi impossibile con le castagne. Il marrone si distingue dalla castagna per la forma e per la qualità della polpa, a grana fine e di gusto molto dolce.
E' un alimento sano, digeribile, di alto valore nutritivo.
Nella coltivazione dei marroni non si ricorre ad alcuna sostanza chimica, le piante si nutrono esclusivamente di quello che la terra offre loro spontaneamente, senza concimi o trattamenti antiparassitari. Questa prelibatezza gastronomica è un dono tutto naturale del sole e della terra, prodotta nel massimo rispetto della salute e dell'ambiente.
I marroni racchiudono un ampio patrimonio di sostanze dietetiche e nutritive che vengono assimilate dall'organismo umano con grande rapidità.
Ricchi di amidi e zuccheri complessi, i marroni sono particolarmente indicati nella dieta di giovani, sportivi e persone che praticano attività fisiche impegnative.
L'alto contenuto di sali minerali, come fosforo e magnesio, soddisfa le esigenze di oligoelementi essenziali al nostro benessere.
In particolare, i marroni sono una vera miniera di potassio (una sostanza indispensabile al buon funzionamento degli apparati cardiovascolari e neuromuscolari), in grado di aumentare la resistenza alla fatica e migliorare le nostre capacità lavorative.
Il numero di frutti per riccio non è superiore a tre, la pezzatura è data da n° frutti per chilogrammo non inferiore a 60 e non superiore a 90, il pericarpo si presenta lucido, di colore marron chiaro con stirature più scure, l'episperma (pellicola) che si stacca con facilità, la polpa di colore bianco avorio e di sapore dolce con cicatrice ilare non superiore ad 1/5 delle dimensioni del frutto e di forma tendenzialmente rettangolare.
Le castagne sono un frutto conosciuto e consumato fin dall'antichità: i Greci le chiamavano "ghiande di Giove" e i Romani le diffusero nel Nord Europa.
Fin dal medioevo queste delizie delle tavole aristocratiche rappresentarono la base dell'alimentazione delle genti montane. Intorno all'anno 1000, sugli Appennini, i castagneti da frutto presero il posto dei boschi di querce e i castagni divennero una risorsa fondamentale, vere e proprie piante di civiltà. Tanto è vero che il castagno era chiamato, dalle popolazioni montanare, l'albero del pane, ed il suo frutto il "tesoro dei poveri".
Castagne e marroni erano quindi fonte di sostentamento, ma anche di ricchezza. E perciò la loro coltivazione era attentamente regolata. Solo nel ‘700, con la diffusione di mais e patata, la superficie a castagneto diminuì. Ma nelle regioni collinari il castagno e i suoi frutti avevano ormai acquistato un'importanza che non avrebbero più perso fino all'età industriale avanzata.
Nel contempo si mantennero vive a lungo, nella tradizione popolare, credenze, filastrocche e proverbi che avevano come protagonisti castagne e marroni. In collina, ad esempio, si diceva che i neonati si trovassero nei grandi alberi cavi di castagno.
Chi possedeva un castagneto disponeva di un vero tesoro in quanto ogni parte dell'albero del castagno veniva utilizzata: il legno per le travi delle abitazioni, gli scuri ed il mobilio, le foglie come lettiera per le stalle, ed il frutto come una valida risorsa alimentare, preziosa soprattutto nei periodi di carestia.
Il castagneto veniva quindi ben curato e in settembre si eseguiva la "armondatura" ossia la pulitura del terreno in vista della raccolta. In ottobre poi si procedeva all'allestimento del metato, una capanna costituita da un unico locale con un soppalco a listelli sul quale venivano adagiate le castagne; sul pavimento era mantenuto acceso un fuoco e il calore assieme al fumo filtrava facendo essiccare le castagne.
Dalle castagne essiccate si ricavava una farina utilizzata nelle più diverse preparazioni (torte, frittelle, polenta) come un succedaneo del frumento, in quanto in montagna le coltivazioni di grano erano molto rare.
I marchi di tutela "Marrone del Frignano" - "Marrone di Zocca" sono stati realizzati dalla Camera di Commercio di Modena in collaborazione con il GAL, i Comuni, le Comunità Montane e le Associazioni agricole delle aree interessate
In cucina si presta per le più svariate preparazioni: antipasti, primi, secondi, dolci e marmellate.
Tanti i piccoli segreti e gli accorgimenti per rendere più semplici e gustose le preparazioni, alcuni sono famosi altri sono noti solo ai buongustai.
Ciò che per secoli ha fatto la fortuna di castagne e marroni come base dell'alimentazione è stata la facilità di conservazione di questi deliziosi frutti.
Le qualità più pregiate erano quelle che si conservavano meglio. E che potevano diventare preziose merci di scambio. Tutta la bontà dei marroni si assapora pienamente in autunno, ma la sapienza delle popolazioni montane ha elaborato un procedimento tutto naturale per conservare fino a primavera la squisitezza dei frutti.
Per alcuni giorni si immergono i marroni in acqua, in modo da provocare una leggera fermentazione. I frutti vengono poi fatti asciugare in locali ben aerati e raccolti in sacchetti di rete.
Questo semplice metodo permette di apprezzare il gusto dei marroni fino in primavera e soprattutto, rispetta la naturalità del prodotto.
Informazioni turistiche: Modenatur
La zona di produzione e confezionamento del Marrone di Zocca è rappresentata esclusivamente dal territorio della Comunità Montana "Appennino Modena Est" della provincia di Modena e dai comuni limitrofi del versante bolognese.